La mia storia con il poeta jazz tra Mr. Blue, bossa nova e atmosfere brasiliane

Era il 1985 o forse l’86. Un pomeriggio qualsiasi, un amico – Giuseppe – mi mise in mano un disco di Michael Franks, dicendo: “Questo è per te.”

Si trattava di The Art of Tea, un titolo che già da solo evocava atmosfere intime, lente, riflessive.

Lo acquistai quasi per fiducia, senza sapere cosa aspettarmi. Poi, al primo ascolto, quella voce sottile e calda, quel jazz gentile, elegante, pieno di sfumature… mi colpì al cuore. Così ho scoperto Michael Franks, e da allora non ho più smesso di ascoltarlo.


Michael Franks: la mia scoperta di un poeta del jazz

Michael Franks è diventato per me una presenza costante. Il suo stile pop-jazz sofisticato, morbido e raffinato ha accompagnato tanti momenti della mia vita.

È una musica che non grida, ma ti parla piano, in punta di piedi, e ti entra dentro con una dolcezza che consola.

Tra i brani che più mi hanno colpito c’è Mr. Blue, una carezza musicale che sembra sospesa nel tempo.
In Mr. Blue c’è la malinconia dolce di chi guarda il mondo da una finestra aperta sul tramonto,
mentre in Don’t Be Blue, quel sax accarezza le note come una brezza d’estate e sembra suggerire che, anche nei giorni grigi, c’è una bellezza sottile che non va dimenticata.

Brani come Rendezvous in Rio o Now That The Summer’s Here sono invece pervasi di colori e calore: c’è il ritmo del Brasile, c’è la bossa nova, ci sono le immagini delle spiagge e dei tramonti.
In Rendezvous in Rio si sente il battito caldo della città, tra samba soffusa e languore estivo, mentre Now That the Summer’s Here è come una brezza marina che accarezza i pensieri.


Michael Franks e il Brasile: un amore condiviso

Quello tra Michael Franks e la musica brasiliana non è un semplice flirt artistico, è una vera passione. Lo si sente nella struttura armonica dei brani, nell’uso della chitarra nylon, nei groove rilassati, nei testi evocativi.

La sua ammirazione per Jobim è nota, e molte sue canzoni sembrano omaggi delicati a quell’universo sonoro.
In brani come The Lady Wants to Know o Tiger in the Rain, si respira quella stessa delicatezza, quella maestria nel lasciare spazio al silenzio tra una nota e l’altra.

In questo, mi sento profondamente vicino a lui.

Anche nella mia piccola esperienza musicale ho spesso cercato un ponte tra il jazz e i ritmi del Brasile, come racconto nell’articolo dedicato a Cantando e amando il Brasil un brano nato proprio da questa passione condivisa.


Un artista che resta nel cuore

Su Spotify ho una playlist dedicata solo a lui, e ogni tanto la riascolto tutta, come un viaggio che conosco bene ma che mi emoziona ogni volta.

Michael Franks è così: un compagno di viaggio gentile, un poeta che sa far danzare le parole sopra armonie leggere ma ricche.
Ogni volta che lo ascolto, mi sembra di tornare in quel pomeriggio del 1985, con un disco in mano e l’anima pronta ad accogliere una nuova emozione.

Un giorno mi piacerebbe ascoltarlo dal vivo.

Nel frattempo continuo a lasciarmi ispirare dalla sua voce e dalla sua arte, mentre cerco, a modo mio, di esprimere emozioni simili attraverso i miei brani.

Se ti va, puoi ascoltarli su Bandcamp.